La scomparsa dei fari a "Scomparsa"
- dnautodriveblogger
- 25 giu 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 17 giu 2022
Non si può negare, i fari a scomparsa hanno da sempre avuto un fascino particolare, la loro storia è durata quasi 70 anni e se un’auto gli aveva significava che molto probabilmente si trattava di una sportiva. Ma andiamo a ripercorrere insieme la loro storia, passando ovviamente dai modelli più belli e famosi che sono rimasti nella memoria di tutti.
La loro storia inizia nel 1936 con la Cord 812, creata da un costruttore statunitense che integrò per la prima volta i fari nella carrozzeria dell’auto. Ma questa innovazione non prese piede fino agli anni 60.
Il perché dello sviluppo di questa tecnologia sta principalmente nel fatto che i costruttori, con le tecnologie dell’epoca non riuscivano ad integrare e a modellare a loro piacimento i gruppi ottici nella carrozzeria. Quindi i fari a scomparsa venivano utilizzati per mantenere una linea bassa e rastremata del cofano anteriore, e quindi più aerodinamica.
Le auto con i fari a scomparsa hanno avuto il loro picco per circa due decenni, in particolare dagli anni 70 ai 90. Ma andiamo a vedere insieme quali sono i principali modelli che abbiamo selezionato per voi:
FIAT X1/9

Auto prodotta dalla FIAT tra il 72 e 89, auto di tipo targa a motore centrale.
I più appassionati di voi ricorderanno la DALLARA ICSUNONOVE, costruita insieme alla Bertone in accordo con FIAT in una decina di esemplari. Le vetture erano elaborate secondo il regolamento dell’epoca per le gruppo 5. Le prime vetture presentavano un motore ad iniezione meccanica 1300cc da 192CV,mentre le ultimissime erano state aggiornate con un propulsore 1600cc da oltre 200CV.
HONDA NSX

Tutti voi la ricorderete, la giapponesina con i fari a scomparsa. Il primo prototipo di quest’auto fu commissionato ad un famosissimo designer italiano, un certo Pininfarina, ed aveva un motore centrale 2.0 V6. Successivamente il progetto venne portato avanti in autonomia dalla Honda, lo scopo principale era appunto, avvicinarsi il più possibile alle prestazioni e al design delle auto sportive europee, in particolar modo dare del filo da torcere alle italiane. Quest’auto partecipò con delle prestazioni discrete a molti campionati non solo giapponesi, come L’ADAC GT Cup e SCCA fino ad arrivare alla partecipazione ufficiale alla 24h di Le Mans nel 1994, 1995 e 1996.
La NS-X a prescindere dai fari a scomparsa è stata una pietra miliare per l’automobilismo giapponese e per gli appassionati di tutto il mondo, le innovazioni tecniche portate su questo modello sono state innumerevoli, tra cui il corpo vettura interamente ricavato in alluminio, le bielle in titanio che consentivano al V-TEC di girare ad alti regimi e il primo controllo elettronico della valvola a farfalla. L’intero mondo dell’automobilismo deve molto a quest’auto, oltre che bella, estremamente efficace.
CHEVROLET CORVETTE C5

Meritava un posto tra la più belle ed iconiche anche lei, prodotta dal 1953 è la prima automobile americana di questo segmento e questo l’ha fatta diventare l’auto sportiva americana per antonomasia. Nel 2001 dominò la 24h di Daytona, e divenne il sogno dei ragazzi americani.
FERRARI TESTAROSSA

Diventata una vera e propria icona, uno dei modelli più distintivi per la casa di Maranello. Un simbolo, un modo di essere.
Esteticamente anch’essa opera di Pininfarina montava un motore centrale V12 che erogava ben 390CV di potenza.
Contribuì in maniera ancor più intensa alla costruzione del mito di questa vettura la serie televisiva Miami Vice, dove i protagonisti guidano una Testarossa donata direttamente dalla casa di Maranello.
MAZDA MX-5

La famosissima roadster giapponese, la tanto amata Miata a cui è stato attribuito il record di roadster più venduta del MONDO! E c’è un motivo, è stata costruita e progettata con la ricetta della perfezione e del divertimento automobilistico, ovvero: Leggerezza, trazione posteriore e cambio rigorosamente manuale! Il suo scopo è far divertire chi la guida, da sempre.
Prodotta a partire dal 1989, la sua prima serie la vedeva nascere proprio con dei fari a scomparsa.
Non manca una versione speciale della prima serie, creata dalla Mazda per festeggiare la straordinaria vittoria alla 24h di Le Mans con la 787B, replicando i colori della vettura da corsa anche sulla piccola MX-5.
LAMBORGHINI COUNTACH

Come non ricordare la bellezza della Countach, progettata da Paolo Stanzani e disegnata dal designer e artista Marcello Gandini.
La Countach ha fatto letteralmente la storia e segnato un’era, la sua produzione durò quasi 20 anni e terminò soltanto per lasciare il posto alla Diablo.
Prima vettura ad utilizzare e a far conoscere a tutto il mondo il così detto stile “a cuneo”.
Altra curiosità su quest’auto riguarda il suo nome, ovvero Countach, che deriva da un espressione dialettale piemontese che un dipendente della Bertone pronunciò quando vide l’auto: “cuntac”, che letteralmente significa contagio, ma viene utilizzata spesso per indicare stupore o meraviglia.
BMW M1

Il concept della prima M1 e i suoi relativi fari a scomparsa risale al 1972 ad opera dell’ingegnere Paul Bracq e montava un motore centrale 2.0cc che sviluppava 200cv di potenza su un cambio a 4 rapporti.
Anche per la progettazione di quest’auto si ispirarono fortemente alle auto italiane e al loro design, in primis presero grande spunto per sviluppare la sua forma a “cuneo”. L’idea di quest’auto venne successivamente ripresa a carico di Porsche per far competere la vettura nel campionato gruppo 5 e affidò la parte telaistica e delle sospensioni niente di meno che al nostro Gian Paolo Dallara mentre la sezione stilistica venne curata da Giorgetto Giugiaro.
C’è da dire anche, che l’intera produzione della vettura fù attuata interamente in Italia.
Quando la vettura fu ultimata aveva un motore 3.4cc bialbero da 24 valvole e sprigionava una potenza pari a 277CV che le consentivano di passare da 0 a 100km/h in soli 5,6 secondi con una velocità massima di 262km/h.
Prestazioni degne di una vera sportiva di razza unite al fascino dei fari a scomparsa.
FERRARI DAYTONA

Prodotta tra il 1968 e 1974, eredità il nome DAYTONA in onore della vittoria ottenuta sul circuito statunitense dalla 330P4.
Il motore era un classico Ferrari, un V12 da 4390cc che sviluppava ben 352CV sufficienti a spingerla fino ai 280km/h di velocità massima.
Con la stessa meccanica venne prodotta anche una versione Spider per il mercato nordamericano e successivamente nel 1971 arrivò un restyling con i fari a scomparsa che interessò la versione coupé’.
ALFA ROMEO MONTREAL

Prodotta tra il 1970 ed il 1977 dalla casa del biscione quest’auto è un esempio di stile unico. A carico del design degli interni e della carrozzeria la Bertone che si avvalse dell’artista Marcello Gandini mentre per la parte tecnica e meccanica gli ingegneri di fama mondiale Orazio Santa Puliga e un certo Giuseppe Busso.
Il progetto di quest’auto sarebbe dovuto rimanere su dei prototipi senza mai entrare in produzione, una sorta di “prova d’artista” che sarebbe successivamente finita nei musei dell’azienda. Ma proprio in occasione della prima esposizione di uno dei prototipi della vettura al salone automobilistico di Montreal, l’auto suscitò talmente tanto interesse e raccolse talmente tante richieste da parte dei concessionari da costringere l’Alfa Romeo a metterla in produzione.
Erano gli anni d’oro per l’azienda, che godeva di una fama incredibile, specie nel continente americano.
Inizialmente l’auto venne progettata per ospitare al suo interno il motore quadricilindrico della Giulia e il V8 della 33, ma per le auto in produzione il motore venne leggermente modificato e soprattutto addolcito per renderlo più adatto all’uso stradale.
La cilindrata definitiva divenne 2593cc e furono modificate fasatura, iniezione e disposizione delle manovelle sull’albero.
Sviluppava 200cv con prestazioni tutt’altro che scontate e riusciva a raggiungere una velocità massima di 224km/h.
Altra curiosità su quest’auto è che nel 1972 la rivista Quattroruote, impegnò la Montreal in un test di affidabilità e resistenza. Il test consisteva nel partire da Reggio Calabria ed arrivare fino a Lubecca (Germania). L’auto si dimostrò estremamente capace ed affidabile, riuscendo ad ottenere una media di 130km/h su 2574km, rifornimenti e soste comprese.
FERRARI F40

Come non citare la F40, la Ferrari che tutti noi abbiamo nel cuore e che tutti ormai, conosciamo fin troppo bene. Vederla in movimento dal vivo è cosa rara, vederla mentre i suoi fari a scomparsa si alzano è cosa ancor più rara.
Figlia, a differenza di tante altre auto di un solo, geniale, padre. Nicola Materazzi.
Ingegnere campano che contribuì anche per Lancia e Abarth.
Questa creatura si chiamerà F40, per celebrare i 40 anni di partecipazione alle gare da parte di Ferrari.
Una cosa curiosa è che Enzo, aveva capito di non avere più molto tempo a disposizione, ormai si avvicinava ai 90 e disse a Materazzi: “Faccia presto, perché, sa, io sono avanti con gli anni”
Così, la Ferrari F40 venne presentata nell’estate dell’87 al salone di Francoforte, e divenne di fatto, l’ultima Ferrari vista da Enzo.
Queste, sono le dieci auto che abbiamo selezionato per ricordare i fari a scomparsa e il fascino delle loro epoca. La loro fine è stata decretata dalle leggi che riguardano l’impatto con i pedoni, ma ormai da tempo la maggior parte dei costruttori aveva iniziato ad abbandonarli perché ormai, la tecnica è tecnologia riusciva a dare risultati migliori riuscendo ad integrare i gruppi ottici perfettamente nella carrozzeria.
Ma il fascino dei fari a scomparsa è indiscutibile e tutti noi ricorderemo per sempre quell’epoca in cui, alla vista di un’auto sportiva speravamo che alzasse i fari, per poter dominare ancor di più la strada che li si parava davanti.
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